"la frammentazione"

 

la notizia, qualunque medium la veicoli, è sempre una mediazione di molteplici fattori. Questi fattori, "variabili e criteri", sono persino difficilmente ordinabili in una gerarchia d'importanza, e tuttavia il loro interagire contribuisce con l'identità professionale del giornalista all'aspetto del prodotto finale.

Quindi indifferentemente dalle capacità di scrittura del giornalista, e dagli sforzi d'interpretazione del reale, non sarà mai possibile raccontare un avvenimento in modo oggettivo, con tutte le sfumature di significato e le verità contestuali, e questo proprio perché "la realtà non si esaurisce mai in un unico punto di vista" (Weber).

Raccontare è sempre arbitrarietà, passionalità, interesse, ed anche malafede; un percorso mai rigidamente determinato.

Di conseguenza il mondo viene scandagliato e classificato in contesti standardizzati di contenuto, affidati ognuno ad un settore (desk) del lavoro redazionale, palliativi dell'inevitabile caos che altrimenti deriverebbe dal soggettivismo della cronaca personale. Caos inconciliabile con la logica imprenditoriale di una testata.

Perchè l'informazione necessita di ufficialità per avere un valore di consumo, e quindi deve essere mascherata d'oggettività, un oggettività ostentata in spazi di palinsesto e pagine di carta con titoli, sottotitoli, e spazi standardizzati.

Per forza di cose il Mondo viene rappresentato in modo frammentato, in cui non si colgono i nessi tra un certo tipo di fenomeni ed un altro tipo di eventi solo perché forzatamente inseriti in "contesti separati", dalla logica dei media. L'antidoto unico contro la cattiva informazione non esiste, tuttavia ci si può difendere leggendo più voci possibili, e confrontando criticamente (l'interagire critico" di Ferrarotti) le informazioni prese da medium diversi e spesso d'impostazione editoriale divergente: in questo caso è sicuramente vero che la concorrenza giova al consumatore.

 

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